CAPOVOLGERE GLI ORIZZONTI - INTERVISTA A FRANKSPARA

Fuggire dalla quotidianità. Evadere dalla noia e dal decadimento isolandosi in se stessi, creandosi un proprio mondo, una propria realtà. E’ questo, in estrema sintesi, il tema centrale di “Il dottor Crepapelle e l’albero che cammina”, ultimo interessante lavoro di Frankspara, alterego del cantautore Francesco Viani, con il quale abbiamo fatto quattro chiacchiere via mail.

  1. “Frankspara” è il nome del protagonista di un racconto di fantasia scritto da te. Ti va di parlarci di questo racconto? Cosa significa per te?
Più che scritto vissuto; è come una curiosa e imprevedibile metamorfosi che mi ha accompagnato in periodi più tremendi, fino a quando il nome si è impossessato di me. O forse per merito di qualche buon suggeritore che mi ha preceduto nel trovare una somiglianza tra l’autore e il protagonista. Di tutto questo forse, rimane oggi l’eredità di una traccia violenta o, per chi preferisce, la parola con cui chiamare un gruppo.
  1. Ascoltando il nuovo album, “Il dottor Crepapelle e l’albero che cammina”, si nota molta cura negli arrangiamenti e, soprattutto, nei testi, che hanno un tono molto narrativo. Da cosa trai ispirazione?
Dalla noia e dalla voglia di non allontanarsi troppo immaginandosi lontanissimi.
  1. Musicalmente sembra di ascoltare qualcosa che si pone a metà strada tra il cantautorato italiano anni ‘60/’70 e il rock inglese, il tutto condito da sonorità a tratti oniriche. Quali sono i tuoi gusti musicali?
In generale in questo album ho voluto abbandonare ogni o quasi soluzione elettronica, di cui avevo abusato altre volte; per avvicinarmi così ad un concetto di Studio simile a quello del passato. Ma credo di essere sempre appartenuto a quel periodo, tra la musica di Paoli con la Durium, chiaramente Simon and Garfunkel nonché la musica di quel cinema, con l’impronta pesantissima dei fratelli De Angelis che nella mia infanzia definirono i primi capitoli della mia estetica musicale.
  1. Come nasce un brano di Frankspara?
Probabilmente nasce con la complicità della cicogna o del cavolo. L’importante, per l’autore, è restare attenti a come guardare in alto o a dove mettere i piedi.
  1. E’ cambiato qualcosa, a livello musicale/compositivo e non, dal debut-album autoprodotto a questo terzo lavoro?
Come ho detto ho voluto liberarmi dai fronzoli delle tecnologie digitali e reinterpretarle. Ho suonato tutti strumenti acustici od elettrici (chitarre, pianoforte e basso); nessun campionamento o cose del genere. E’ stata una vera liberazione per uno come me che ha esplorato ogni angolo della computer music. Poi c’è il lavoro di Pit D’Aleo che con la batteria ha sicuramente dato lo spessore ritmico che mancava in precedenza.
  1. Il decadimento culturale e sociale, che denunci nei tuoi brani, ci sta facendo precipitare nel baratro. Secondo te, come se ne esce?
Volando, se possibile. Anche a testa in giù, senza ali. Facendo un bel botto. In pratica capovolgere gli orizzonti. Sicuramente fuggendo la quotidianità, dove si annida il vero decadimento. Visto che si è in caduta bisogna scegliere se girarsi e guardare l’alto che si allontana o prepararsi ad abbracciare il basso piuttosto che il vuoto. E’ qualcosa che si è detto più di cent’anni fa o prima, e io non credo di saperne ancora molto.
  1. Cosa c’è in cantiere per Frankspara?
A questa domanda dovrebbe rispondere il nostro geometra Pit…io auspico ad una boccata di aria fresca.

(Salvatore Schinello)

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