Fuggire dalla quotidianità. Evadere dalla noia e dal decadimento
isolandosi in se stessi, creandosi un proprio mondo, una propria realtà.
E’ questo, in estrema sintesi, il tema centrale di “Il dottor
Crepapelle e l’albero che cammina”, ultimo interessante lavoro di
Frankspara, alterego del cantautore Francesco Viani, con il quale
abbiamo fatto quattro chiacchiere via mail.
- “Frankspara” è il nome del protagonista di un racconto di
fantasia scritto da te. Ti va di parlarci di questo racconto? Cosa
significa per te?
Più che scritto vissuto; è come una curiosa e imprevedibile
metamorfosi che mi ha accompagnato in periodi più tremendi, fino a
quando il nome si è impossessato di me. O forse per merito di qualche
buon suggeritore che mi ha preceduto nel trovare una somiglianza tra
l’autore e il protagonista. Di tutto questo forse, rimane oggi l’eredità
di una traccia violenta o, per chi preferisce, la parola con cui
chiamare un gruppo.
- Ascoltando il nuovo album, “Il dottor Crepapelle e l’albero
che cammina”, si nota molta cura negli arrangiamenti e, soprattutto, nei
testi, che hanno un tono molto narrativo. Da cosa trai ispirazione?
Dalla noia e dalla voglia di non allontanarsi troppo immaginandosi lontanissimi.
- Musicalmente sembra di ascoltare qualcosa che si pone a metà
strada tra il cantautorato italiano anni ‘60/’70 e il rock inglese, il
tutto condito da sonorità a tratti oniriche. Quali sono i tuoi gusti
musicali?
In generale in questo album ho voluto abbandonare ogni o quasi
soluzione elettronica, di cui avevo abusato altre volte; per avvicinarmi
così ad un concetto di Studio simile a quello del passato. Ma credo di
essere sempre appartenuto a quel periodo, tra la musica di Paoli con la
Durium, chiaramente Simon and Garfunkel nonché la musica di quel cinema,
con l’impronta pesantissima dei fratelli De Angelis che nella mia
infanzia definirono i primi capitoli della mia estetica musicale.
- Come nasce un brano di Frankspara?
Probabilmente nasce con la complicità della cicogna o del cavolo.
L’importante, per l’autore, è restare attenti a come guardare in alto o a
dove mettere i piedi.
- E’ cambiato qualcosa, a livello musicale/compositivo e non, dal debut-album autoprodotto a questo terzo lavoro?
Come ho detto ho voluto liberarmi dai fronzoli delle tecnologie
digitali e reinterpretarle. Ho suonato tutti strumenti acustici od
elettrici (chitarre, pianoforte e basso); nessun campionamento o cose
del genere. E’ stata una vera liberazione per uno come me che ha
esplorato ogni angolo della computer music. Poi c’è il lavoro di Pit
D’Aleo che con la batteria ha sicuramente dato lo spessore ritmico che
mancava in precedenza.
- Il decadimento culturale e sociale, che denunci nei tuoi
brani, ci sta facendo precipitare nel baratro. Secondo te, come se ne
esce?
Volando, se possibile. Anche a testa in giù, senza ali. Facendo un
bel botto. In pratica capovolgere gli orizzonti. Sicuramente fuggendo la
quotidianità, dove si annida il vero decadimento. Visto che si è in
caduta bisogna scegliere se girarsi e guardare l’alto che si allontana o
prepararsi ad abbracciare il basso piuttosto che il vuoto. E’ qualcosa
che si è detto più di cent’anni fa o prima, e io non credo di saperne
ancora molto.
- Cosa c’è in cantiere per Frankspara?
A questa domanda dovrebbe rispondere il nostro geometra Pit…io auspico ad una boccata di aria fresca.
(Salvatore Schinello)
vai all'intervista